La chiesetta è un’invenzione estiva del 1994. Il pubblico è pensato in piedi, la scena è spostata a destra per lasciare l’asse centrale libero al passaggio eventuale dei paesani in visita al manufatto restaurato e restituito al pubblico nella giornata di festa: dall’ingresso centrale fino all’uscita nella vecchia sagrestia dietro l’altare rimosso per lasciare un breve palcoscenico in pietra con in alto il coro e l’organo che ora lascia il posto ad una console.
Davanti agli artisti addossati a destra alla parete, appoggiati a sporgenze architettoniche alla base: il piano del jazzista di castrovillari, la telecamera, gli stativi dei fari, microfoni e soltanto una fila di sedie che delimita lo spazio scenico, su cui sono seduti i performer che si alterneranno al comando del conduttore che improvvisa la scaletta.
Il coro dei ragazzi albanesi di calabria attacca con un improvviso dall’alto e si entra nel pieno della meraviglia, aveva iniziato in sordina il piano jazz, una breve recita e una piece dello standup comedian che è il fil rouge della serata. Interverranno il comico in vernacolo, il poeta locale in lingua, l’esperto musicale della radio. Ma ciò che conta è la sequenza degli eventi che devono tenere la tensione abbastanza alta da tenere il linguaggio ordinario ed il quotidiano della giornata di festa al livello dell’arte che si vuole creare.